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Monte Zebio

Il cimitero militare della Brigata Sassari, sul monte Zebio.

Il cimitero militare della Brigata Sassari, sul monte Zebio.

“Camminando per la mulattiera austriaca giunsero dove nel giugno del Diciassette era esplosa la mina che aveva cambiato l’aspetto della montagna e sepolto il presidio italiano della Lunetta. Grossi macigni erano stati scagliati tutt’intorno e alcuni erano rotolati fino alla Pozza delle Arne; nel cratere aperto dall’esplosione c’erano alcune postazioni per mitragliatrici e guardando da quelle feritoie si vedevano gli scheletri appesi ai reticolati. Dietro la Crocetta c’erano caverne, casematte, scavi, scale per salire dalle trincee. Di quello che loro ricordavano non era rimasto niente, nemmeno il profilo della montagna”.

Da “L’anno della vittoria”

 

“La Busa del Carbon s’apriva davanti a noi ampia e senza luce. Attorno giravano i gradoni di roccia come un anfiteatro e tra l’uno e l’altro gradino, sulle cenge, nereggiavano i mughi; nel centro, in basso, lo stagno gelato. Sentivo che i galli dovevano essere qui e così mi avvicinai cauto e pronto a sparare (…)

La sera ci colse di sorpresa seduti sotto un abete dove avevamo finito la borraccia della grappa. Lontano, giù in fondo, si vedeva il paese illuminato. Dalla linea delle luci indovinavo le strade e le contrade. Sopra le case si stendeva il fumo dei camini. I camini che fumavano: case calde, latte fumante, patate e zuppa bollente, bambini assonnati. Finita la caccia”.

Da “Il bosco degli urogalli”, “Chiusura di caccia”

 

IL CONTESTO

Monte Zebio

Monte Zebio

Il monte Zebio è il nucleo originario dell’Ecomuseo della Grande Guerra, il luogo dove sono meglio leggibili le diverse fasi del conflitto e le strategie militari, grazie anche ad un’attenta opera di ripristino dei manufatti rimasti e all’efficace cartellonistica. Attorno alla cima si svolsero durissimi combattimenti (raccontati anche da Emilio Lussu in “Un anno sull’Altipiano”), che nell’estate del 1916 (dopo il ripiegamento della Strafexpedition) e nel giugno del 1917 (in concomitanza con l’attacco a Monte Ortigara) videro l’esercito italiano tentare inutilmente di sfondare le munitissime linee austriache.

Tra Zebio e Pastorile Rigoni Stern andava a caccia, e una volta – raccontava – sullo Zingarella riuscì a sbagliare per sette volte un gallo forcello. Nel racconto citato dopo essere sceso dal monte con l’amico scarica i fucili sparando in aria, in omaggio ad un volo di ben dodici galli forcelli che erano loro sfuggiti.

 

IL PERCORSO

Trincee all'ecomuseo della Grande Guerra sul monte Zebio

Trincee all’ecomuseo della Grande Guerra sul monte Zebio

Il monte Zebio era per lo scrittore il “monte di casa”, raggiungibile con un’ora e venti di cammino dalla sua val Giardini (vedi itinerario di Sant’Antonio), ma anche agevolmente in auto, con la strada che si lascia alle spalle la colonia che chiude la valle e sale per circa 8 chilometri.

Dopo aver parcheggiato nei pressi di malga Zebio (m. 1.670) si imbocca il sentiero verso est che in poche decine di metri sale alla Crocetta (1.708), dove ci sono le postazioni e trincee restaurate. Da qui si scende agevolmente con la mulattiera verso la mina di Scalambron (m. 1.677 – esplosa forse per un fulmine l’8 giugno 1917, uccidendo 120 soldati della Brigata Catania che erano in perlustrazione in vista dell’imminente attacco all’Ortigara), quindi il rifugio Stalder dov’è ricostruita una trincea didattica e c’è il suggestivo cimitero militare della Brigata Sassari (m. 1.575), che qui scrisse coi suoi “Diavoli rossi” una delle sue pagine più gloriose e sanguinose.

Tornando alla Mina, imboccando il sentiero 832 si può salire alla cima Zebio (m. 1.717), raggiungere la Busa del Carbon (m. 1.776), poi piegando verso nord-est la sorgente degli Albi di Pastorile e quindi l’omonima casara e da qui scendere verso sud fino a imboccare la strada da Asiago e quindi tornare alla malga, in meno di due ore.

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