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Monte Ortigara /1

La "colonna mozza" dell'Ortigara (foto Max Viero).

La “colonna mozza” dell’Ortigara (foto Max Viero).

“A quota 2003 incominciano le trincee austriache, le prime prese d’assalto dal Bassano; fu qui che due anni or sono raccolsi un elmetto italiano con dentro il teschio. Le ossa erano intatte e bianche.

Risalgo la trincea austriaca, entro nelle caverne, guardo dalle postazioni delle mitragliatrici per dove sono scesi gli alpini, salgo scale dentro la roccia, esco nuovamente nelle trincee, vado dove c’erano i baraccamenti austriaci sul versante che guarda la Valsugana, e ancora per camminamenti, trincee sconvolte, ricoveri scoperchiati, buche profonde dove affiorano, tra le pietre macinate, pali, reticolati, resti di armi, bombe: questa è la vetta dell’Ortigara oggi.

A quota 2101 c’è la croce austriaca con i nomi dei reparti Feldjäger e Kaiserschützen; e più sopra, a quota 2105, la colonna spezzata degli alpini: “per non dimenticare”.

Da “I racconti di guerra” , “Nelle caverne dell’Ortigara ancora odor di guerra”

 

“Scendemmo, girammo per trinceramenti sconvolti, cespugli di pino mugo e di ontano fino a giungere nei pressi della Malga Campiluzzi, in un luogo chiamato la Crocetta dove il Ceva, il Mondovì e altri ancora uscirono per l’attacco del 10 giugno 1917. – Da qui – dissi, – siete partiti per andare tra l’Ortigara e il Monte Chiesa.

Allora ricordò, fu come se un sorso di un liquore misterioso lo animasse e paralizzasse”.

Da “I racconti di guerra”, “Dove anche l’erba stenta a crescere”

 

IL CONTESTO

Fra i tanti racconti dedicati da Mario Rigoni Stern all’Ortigara ne abbiamo scelto tre, divisi in due itinerari fra loro complementari, per la diversità della loro ambientazione storica e geografica: il primo brano, scritto nel cinquantenario della battaglia, è esemplare della grande capacità dello scrittore di interpretare i segni del terreno (la natura) per ricavarne informazioni dettagliatissime sugli eventi che vi si sono svolti (la storia). Il secondo, scritto nel 1980, racconta di quando, vent’anni prima, lo scrittore aveva accompagnato un reduce del Battaglione Mondovì nei luoghi dov’erano caduti la maggior parte dei suoi compagni, nel giugno del 1917. Il terzo brano illustra l’itinerario successivo Ortigara/2.

 

IL PERCORSO

Chiesetta del Lozze (foto: Roberto Costa Ebech)

Chiesetta del Lozze (foto: Roberto Costa Ebech)

L’Ortigara è una delle mete più frequentate dell’Altopiano, meta da decenni di pellegrinaggi continui da tutta Italia, prima dei reduci, poi dei loro discendenti e dei tanti che cercano inutilmente tra quelle rocce divenute un simbolo universale una qualche ragione ai massacri della guerra, e che provano a immedesimarsi nelle sofferenze e nelle angosce di tanti giovani mandati a morire. Numerosissime in tutta l’area le testimonianze storiche, in particolare i manufatti (trincee, sentieri, edifici, caverne) recuperati nell’ambito dell’Ecomuseo della Grande Guerra.

Il percorso più facile e rapido (e affollato) è quello che parte da piazzale Lozze, a cui si arriva in auto con una carrabile che dopo aver lasciato Gallio supera la zona sciistica delle Melette, Campomulo e Fiara, proseguendo in direzione nord. Dal Piazzale (m. 1.771) si imbocca la strada in salita verso ovest e si raggiunge la chiesetta (m. 1.890), nei cui pressi ci sono l’ossario, un rifugio e l’osservatorio panoramico di Cima Lozze (m. 1.920).

Riprendendo l’itinerario 840 del CAI in direzione nord-ovest si raggiunge facilmente prima il Baito Ortigara (m. 1.937) e quindi si sale alla cima dove campeggia la Colonna Mozza (m. 2.106), che si raggiunge dopo circa un’ora e mezza di cammino. Circa 300 metri più a nord c’è il cippo austriaco, che sembra presidiare la cittadella militare a supporto della prima linea imperiale di cui si mantengono consistenti tracce. Dalla cima grandi vedute sull’altopiano, la Valsugana e i Lagorai.

L'Ortigara visto dal Monte Forno (ph: Roberto Costa Ebech).

L’Ortigara visto dal Monte Forno (ph: Roberto Costa Ebech).

Per il ritorno si può compiere un anello che comprende la risalita verso Cima Caldiera, che fu la meta di una delle ultime escursioni di Mario Rigoni Stern, nel 2005, e dove c’è (all’interno dell’Osservatorio Torino) l’unica lapide che ricorda la sua compagnia, che combatté quassù nel ’15-18. Dal Cippo austriaco si scende col sentiero 840 in direzione nord fino al Passo dell’Agnella, quindi in direzione sud fino a quota 1.944, dove si imbocca a sinistra un sentiero segnalato che, dopo una breve salita, porta al Pozzo della Scala (sono presenti resti di baraccamenti ed anche un ex cimitero italiano). Da qui si dipartono vari sentieri: quello verso nord-est (841) sale alla Cima della Caldiera (2.124 m) dove il panorama è notevole. Da vedere l’Osservatorio Torino posto a picco sulla Valsugana a nord della cima, spettacolare anche la sottostate galleria con aperture sulla parete verticale (necessaria una pila). Il ritorno al piazzale Lozze si effettua per il sentiero 841 che scende lungo una strada militare. Per evitare la salita alla Cima della Caldiera si può, nell’incrocio del Pozzo della Scala (2.004 m), imboccare il sentiero in direzione sud-est che porta alla selletta a nord di Cima della Campanella dove si riprende il sentiero 841 che riporta al piazzale Lozze.

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