Monte Fior – Castelgomberto
“Austriaci e bosniaci, appoggiati da trecentocinquanta cannoni, attaccarono il Nodo delle Melette con lo scopo di aggirare le difese del Grappa e la linea del Piave. Da lassù già vedevano la pianura veneta.
Il cannoneggiamento fece ribollire il Monte Fior, Castelgomberto e Tondarecar e, dopo, battaglioni e battaglioni di austriaci e bosniaci vennero all’assalto. Mitragliatrici, fucilate, bombe a mano, arma bianca, corpo a corpo (…) Enrico Busa riuscì a vivere fino al 5 dicembre. Quest’uomo che amava la vita, l’amicizia e la buona compagnia; che da civile faceva il segretario comunale in un nostro comune a mezza montagna, assieme a pochi alpini superstiti di tante battaglie, cadde combattendo come un leone dopo giorni e giorni di asprissima lotta. Girando lo sguardo a mezzogiorno vedeva Bassano, le colline di Marostica, i Colli Berici e Euganei, il Brenta fino alla Laguna e Venezia: lottava per gli amici, per le donne amate che erano laggiù, per il buon vino di Fara. Per lui la Patria era un concetto troppo astratto. Morì così, e il suo corpo fu uno dei tanti senza nome, nel mucchio di Malga Lora…”
Da “Aspettando l’alba”, “La bottiglia ritrovata”
IL CONTESTO
In questo racconto Rigoni Stern ricostruisce la vicenda di una bottiglia di grappa portata al fronte, nella zona di Boscosecco, da un giovane sottotenente piemontese e poi dimenticata in un anfratto al momento della ritirata, nell’autunno del 1917. Il ragazzo morirà pochi giorni dopo sul Monte Fior, assieme al suo capitano, Enrico Busa, e a migliaia di soldati delle due parti. A ritrovare la bottiglia, trent’anni dopo, e a berla assieme allo scrittore di ritorno dalla caccia è Albino Vù, il vecchio recuperante a cui è ispirato il film di Ermanno Olmi “I recuperanti”, a cui collaborarono sia Rigoni Stern che il critico cinematografico Tullio Kezich. Olmi e Kezich costruirono le loro case vicino a quella dello scrittore, in Val Giardini.
Nel passo proposto ci sono echi di due libri molto amati da Rigoni Stern, “Le scarpe al sole” di Paolo Monelli, e soprattutto di “Un anno sull’Altipiano” di Emilio Lussu, che Rigoni Stern considerava il più bello tra quelli sulla Grande Guerra, e di cui conosceva intere pagine a memoria: è il momento del massimo avanzamento degli austriaci, nel giugno del 1916, e Lussu descrive dal Monte Spil l’occupazione delle creste del Monte Fior, e l’eccitazione fra le truppe nemiche: “Io mi voltai indietro e capii. Di fronte, tutta illuminata dal sole, come un immenso manto ricoperto di perle scintillanti, si stendeva la pianura veneta. Sotto, Bassano e il Brenta; e poi, più in fondo, a destra, Verona, Vicenza, Treviso, Padova. In fondo, a sinistra, Venezia. Venezia!”
IL PERCORSO
Ci sono tre ottimi sentieri del Cai per raggiungere questa zona, interessante oltre che per l’aspetto storico (questo settore durante la guerra era definito “la chiave degli altipiani”), per quello paesaggistico e naturalistico (le caratteristiche conformazioni rocciose dette “Città di roccia”, il panorama descritto dagli scrittori, la presenza di mufloni e marmotte); partono tutti dalla provinciale che da Asiago e Gallio conduce a Foza ed Enego: il primo – il n. 858 – risale il pendio delle Melette di Gallio partendo dalla strada forestale 500 metri dopo contrada Campanella (m. 1.034), fino a raggiungere la zona di Malga Slapeur (m. 1.606); qui arriva anche il secondo sentiero – l’861 – che percorre invece la val Miela, e che si può utilizzare per la discesa, ritornando sulla provinciale un km e mezzo dopo il punto di partenza, e dopo 5 ore di cammino; il sentiero 860 infine percorre un anello che da località Cruni (m. 1.088), a nord di Foza, imbocca la strada della Futa e poi la abbandona per risalire la Val Vecchia fino a località Kemple (m. 1.576), dove si innesta nella strada sterrata che dalle Fratte, lasciando il monte Tondarecar sulla destra, raggiunge il piccolo cimitero militare e quindi Malga Lora. Qui si può arrivare però anche in auto, superando Foza e imboccando la strada asfaltata che da Località Lazzaretti, sulla provinciale per Enego, sale fino a Malga Fratte, dove si prende a sinistra la strada sterrata.
Superata la malga la strada risale dolcemente il pendio orientale dello Spil fino al bivio di quota 1.769, da cui il sentiero scende fino a Casara Meletta e quindi tra pascoli e bosco per i tornanti di una vecchia mulattiera di guerra raggiunge il punto di partenza, dopo circa 4 ore di cammino.
Il bivio però è anche il punto di partenza ideale per esplorare la cime del monte Fior (m. 1.824) e da qui raggiungere il monte Castelgomberto (m. 1.771), seguendo il sentiero 861. I pannelli dell’Ecomuseo (e vari cippi e lapidi) illustrano le varie fasi della guerra e guidano alle trincee e alle postazioni in caverna, parzialmente ripristinate. Sul Castelgomberto si erge il sacello dedicato al generale Euclide Turba, caduto qui nel 1917 alla guida dei suoi uomini: splendido il panorama sulla piana di Marcesina. Alla selletta il sentiero prosegue verso ovest, aggira il Torrione e raggiunge Malga Slapeur, con il monumento ai soldati bosniaci, quindi tagliando il versante sud del Fior con le formazioni della “Città di roccia” arriva alla Casara Montagna Nova (m. 1.724) da cui una deviazione sulla destra scende fino allo spettacolare osservatorio (m. 1.625). Dalla Casara dirigendosi verso nord si chiude agevolmente l’anello ritrovando il sentiero 860 e la strada verso Malga Lora.