Mazze – Prà del Giglio
“Andarono così, in fila: davanti il padre che conduceva Reno alla Cavezza; poi Matteo, il nonno, Nina e la madre. Presero il sentiero che univa la contrada delle Giare alla contrada del Monte di Calvene e quando furono alla curva del Fontanello si fermarono per far riposare un po’ il mulo che ansimava per la salita ma anche per dare ancora una sguardo laggiù, nella radura prativa circondata dal bosco, dove rosseggiavano i coppi della casa del Prà del Giglio”.
Da “L’anno della vittoria”
“Ristorati, ripresero la strada pedalando con lena per il Pian di Granezza e quando giunsero alle Mazze, dove dalla Bocchetta lo sguardo si perde nella pianura lontana seguendo le tortuosità del Brenta e dell’Astico, giunse loro un profumo di narcisi che inebriava: i pascoli erano più bianchi di fiori che verdi di erba. Si fermarono. Tenendosi per mano guardavano quel mondo sconosciuto e nuovo: i pascoli fioriti di narcisi, le contrade più sotto con i tetti di coppi rossi, i paesi lontani con i campanili. Quelle macchie brune, in fondo, erano forse le città. E quelle colline lontane lontane, al di là della pianura, che si confondevano con il cielo?
Com’è vasta la terra”, pensarono insieme”.
Da “Le stagioni di Giacomo”
IL CONTESTO
Il primo brano racconta il rientro, nella primavera del 1919, della famiglia Schenal dal profugato, trascorso in una piccola casa nella contrada di Prà del Giglio, sopra Calvene. Il loro tragitto, in parte lungo la cosiddetta “Strada della salvezza dell’Altopiano” realizzata dopo Caporetto, tocca il Pra’ del Cavalletto, le Mazze, il Barental, fino alla radura della Luka, dove hanno la rivelazione dell’immane distruzione lasciata dalla guerra, per proseguire quindi in un tristissimo pellegrinaggio attraverso quelle che furono le vie del paese, sulle cui macerie si alza solo, quasi intatta, la statua della Beata Giovanna.
Il secondo brano ricostruisce invece il percorso inverso, compiuto qualche anno dopo da Giacomo e Irene per andare a visitare proprio i luoghi dove la famiglia della ragazza aveva vissuto durante la guerra. All’incanto per il panorama stupendo che si apre davanti agli occhi dei due ragazzi alle Mazze, si aggiunge presto la triste consapevolezza degli stenti vissuti dai loro congiunti in quegli anni, ma anche il calore dell’incontro con le famiglie vicine che li avevano accolti e aiutati.
IL PERCORSO
La zona qui descritta è a sud dell’altopiano, nella pedemontana. Gran parte dei luoghi citati sono raggiungibili in auto con la strada citata, che da Asiago scende a Calvene (vedi itinerario del Barental, collegato a Granezza anche dal bel sentiero 888 dei Partigiani). Nella piana di Granezza, teatro delle aspre battaglie fra partigiani e nazi-fascisti durante la Resistenza (testimoniate da un sacello), si supera un cimitero militare inglese e, dal piazzale del Monte Corno aggirando le pendici della panoramica Cima Fonte (possibile deviazione a piedi, utilizzando poi il sentiero 693) si scende alla zona di mezza montagna sopra le frazioni Monte e Mortisa e il paese di Calvene. Da qui, poco sopra il centro, passando per via Bordogni si può raggiungere facilmente il Pra’ del Giglio, con bei panorami sulla valle dell’Astico e le colline circostanti.
Dalla contrada, incrociando la strada asfaltata che sale ancora per qualche tornante, passa il sentiero 693, che è quello percorso dalla famiglia Schenal per il ritorno sull’Altopiano; proseguendo in salita verso nord dopo circa due km si incrocia sulla destra il 697, col quale si scende subito in Valle di Fondi e poi si risale rapidamente in direzione sud-est verso il secondo tornante (m. 815) della Strada della Salvezza sopra la frazione del Monte. Una possibile variante del tragitto degli Schenal lascia il sentiero 693 a quota 538 nella curva sotto contrada Pozza, dirigendosi con lo sterrato a destra verso il fondovalle; da qui dopo il tornante risale 200 metri fino a inserirsi nella parte più bassa del sentiero 697 e con esso (tenere la sinistra) raggiunge la parte bassa di frazione Monte. Forti dislivelli.