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“Il primo gruppetto di civili raggiunse Asiago nel primo pomeriggio del 4 novembre 1918, il giorno dopo che era stato firmato l’armistizio”.
La ricostruzione dell’Altipiano di Asiago (1919-1921), Mario Rigoni Stern

 

Panorama di Asiago

Asiago come la vediamo oggi, con il suo centro aperto e luminoso, i suoi boschi, i suoi prati e tutte le bellezze che ogni giorno cittadini e turisti possono ammirare, è il risultato di una faticosa ricostruzione dopo la completa distruzione della Grande Guerra.

Il 4 novembre di 100 anni fa Asiago ricominciava lentamente a vivere, ma non fu un percorso breve, né facile, come riporta Mario Rigoni Stern nel suo breve ma intenso scritto dedicato alla ricostruzione di Asiago e dell’Altopiano.

 

Una natura violata e riportata alla vita
Nei campi di battaglia ritorna lentamente il verde dei pascoli

Asiago distrutta dopo la Prima Guerra Mondiale

Quel piccolo gruppo di persone aveva percorso sentieri nascosti per raggiungere Asiago, perché ancora ai civili non era consentito rientrare. Ma il richiamo della loro terra, dopo 684 giorni di lontananza, era troppo forte. Lo spettacolo che si trovarono di fronte, però, era sconvolgente:

Panorama con le mucche al pascolo (foto: Roberto Costa Ebech)

“Il paese, le contrade, erano cumuli di macerie; i prati, i seminativi, i pascoli erano sconvolti dai bombardamenti, bruciati dall’iprite, solcati da trincee e camminamenti, coperti di sassi e da grovigli di reticolati. E tra tutto questo restavano a centinaia, se non a migliaia, i corpi insepolti dei soldati”.

Per diverso tempo i pascoli rimasero disseminati di materiale bellico e ordigni inesplosi, che resero lungo e difficile il recupero del territorio, per farlo ritornare vivibile e produttivo come lo conosciamo.

Oggi le malghe per l’alpeggio, le mucche al pascolo e il prelibato formaggio sono un tutt’uno con l’identità e l’economia altopianesi. Ma solo nel marzo del 1922 il Consorzio dei Sette Comuni (che aveva il compito di amministrare i beni che furono della Reggenza), poté mettere all’asta l’affitto delle prime due malghe: malga Pozze e malga Moline.

 

Si aspettava il ritorno della “Vaca mora”,
il trenino che collegava la montagna alla pianura

Oggi il tracciato è un percorso ciclo-pedonale

Il trenino “Vaca mora” in una foto d’epoca (foto Bonomo)

A complicare le cose, subito dopo la guerra, c’era anche il fatto che il trenino a cremagliera (la mitica Vaca mora) che prima del conflitto collegava Piovene Rocchette ad Asiago, ora arrivava solo fino a Campiello, dunque alla “porta d’entrata” dell’Altopiano, ma non raggiungeva i paesi.

Solo nell’estate del 1919 il trenino raggiunse finalmente Asiago, e da allora sarà per alcuni decenni un prezioso collegamento tra montagna e pianura, fino al 1958.

Oggi, parte del suo tracciato è stato recuperato e valorizzato come percorso ciclo-pedonale, che offre la possibilità di effettuare una facile ma suggestiva escursione a piedi o in bici da Asiago fino a Cesuna e Tresché Conca in Comune di Roana.

 

 

Il nuovo volto di Asiago
Dalle macerie del 4 novembre 1918 risorge un centro più ampio e luminoso

Piazza Giovanni Carli com’è oggi (foto: Iat Altopiano di Asiago)

Durante la guerra, la sede del Comune di Asiago era stata spostata a Noventa Vicentina. Naturalmente, alla fine del conflitto, ad Asiago non esisteva più alcuna sede. Ma il 22 maggio 1919 due impiegati vennero inviati per sbrigare le pratiche correnti, tra mille disagi:

“Non hanno casa – riferisce Stern – non hanno ufficio, non suppellettili dove dormire o dove mangiare: si devono arrangiare in una baracca con due brande, un tavolo di assi grezze e qualche pasto lo vanno a prendere nelle baracche-mensa degli operai militarizzati”.

Per veder realizzato il bel municipio in marmo locale bianco e rosa, bisognerà attendere fino al 1924 per la posa della prima pietra, e il 1929 per l’inaugurazione alla presenza del principe di Piemonte.

Ma subito dopo il 4 novembre 1918, la priorità era liberare il paese dalle macerie, ricostruire le case e quindi ridare un volto ad Asiago.

Un’impresa lenta e faticosa anche per le lungaggini burocratiche e i numerosi dissidi tra la popolazione e le autorità statali, per esempio sulla durata dei sussidi e l’applicazione delle imposte.

Si inizia a progettare, ma è solo tra il 22 e il 23 febbraio 1922 che effettivamente si decide quale sarà il nuovo aspetto di Asiago:

“…sul posto si esaminarono volumi e spazi e si fissarono al suolo delle paline per delimitare le aree dei due fabbricati centrali: il Caffè Roma e il municipio, con le vie di sbocco. I molti cittadini che assistevano approvarono alla fine la proposta e, a parte la struttura del municipio (che venne costruito così per concorso nazionale), il centro di Asiago – piazza Giovanni Carli, piazza II Risorgimento –  prese in quel giorno l’aspetto attuale”.

Ma prima di allora, non era per nulla scontato che Asiago sarebbe diventata come la vediamo oggi.
C’erano diversi progetti e diverse idee, e qualcuno avanzava perfino quella di ricostruire il centro più a nord, tra le contrade Rodeghieri e Costa (una “new town”, diremmo oggi).

Alla fine prevalse l’idea che Asiago dovesse rinascere lì dov’era stata distrutta.

Un aspetto apparve subito chiaro dai progetti: che la nuova disposizione delle aree e degli edifici aveva reso il centro più ampio. A tale lungimirante progetto, dunque, dobbiamo quell’apertura, quel respiro e quella luminosità del centro storico e delle sue strade – in primis proprio Corso IV Novembre – che oggi distinguono Asiago da altri paesi di montagna.

 

Le prime intraprendenti attività del dopoguerra
Riapre la scuola e Asiago ritrova pian piano la sua vocazione commerciale

Oggi il centro di Asiago è ricco di attività, ma dopo la guerra era una grande sfida rimettersi in gioco e riaprire bottega.

Ciononostante, spuntavano delle baracche-osteria (a un certo punto se ne potevano contare duecento!) e delle baracche-bazar, che riuscirono perfino a far arrivare dalla pianura dei quadernetti per la riapertura della prima scuola.

Ma di certo lo Stato non era molto d’aiuto:

“Quello che non manca – ci dice Stern parlando del 1920 – è il fisco che tassa, in eguale misura delle città di pianura, i pochi esercenti che hanno avuto il coraggio di riprendere le loro attività commerciali tra le macerie dei paesi e che intende applicare l’imposta sul patrimonio anche sui beni distrutti”.

Se non fosse stato per la tenacia di quei primi commercianti così intraprendenti…

 

Asiago riscopre le sue tradizioni, e ne inaugura di nuove
La Beata Giovanna, gli Alpini sull’Ortigara, la Grande Rogazione

La statua di Beata Giovanna Maria Bonomo, in piedi tra le rovine.

Lungo Corso IV Novembre si trova ancora oggi la statua di Beata Giovanna Maria Bonomo (1606-1670), religiosa asiaghese, unico manufatto rimasto incredibilmente intatto tra le macerie.

E’ il 1920: “Il 5 settembre, sabato – riporta Mario Rigoni Stern – vi è ad Asiago una grande riunione di tutte le organizzazioni cattoliche, con l’intervento di onorevoli del Partito Popolare, bande e fisarmoniche, vessilli e inni: si vuole festeggiare la beata Giovanna Maria Bonomo, fiore tra le rovine”.

E il giorno dopo si svolge un altro evento destinato a diventare una ricorrenza:

“Sulla vetta dell’Ortigara si ritrovano duemila alpini superstiti di quella battaglia; vi sono le bandiere dei comuni dell’Altipiano, i gagliardetti dei battaglioni alpini Bassano, Stelvio, Spluga, Valtellina”.

La Grande Rogazione, ancora oggi la più sentita tradizione per gli Asiaghesi

Da quel pellegrinaggio all’Ortigara nascerà l’annuale Adunata Nazionale degli Alpini.

Ma a sancire definitivamente il ritrovato legame tra la gente di Asiago e la sua terra è la ripresa della Grande Rogazione, un evento che ancora oggi si ripete ogni anno con la stessa partecipazione e lo stesso spirito di appartenenza:

“Nella primavera del 1922, alla vigilia dell’Ascensione, dopo sette anni riprende la tradizione votale della Terza Rogazione, che è un inno d’amore del popolo di Asiago verso la sua patria e i suoi avi”.

 

Sulle vie della guerra, per ritrovare la pace
Strade e sentieri raccontano l’Altopiano e la sua storia

Una trincea restaurata sul Monte Zebio

La guerra ha distrutto molto, ma qualcosa ha anche lasciato in eredità: un fitto reticolo di strade e sentieri di montagna.

Oggi queste vie di guerra vengono percorse d’estate a piedi o in bicicletta, d’inverno con gli sci di fondo, e consentono a tutti di assaporare il silenzio e la pace delle montagne di Asiago e dell’Altopiano.

Ma i numerosi cimiteri di guerra, le trincee e le postazioni belliche, spesso recuperate e restaurate, ci ricordano il prezzo di quella pace.

E ci ricordano che Asiago come oggi la ammiriamo è figlia di quel lontano 4 novembre 1918.

A cura di Cristiano Carli
Brani citati da “La ricostruzione dell’Altipiano di Asiago (1919-1921)” di Mario Rigoni Stern
in “Storie dall’Altipiano”, © 2003 Arnoldo Mondadori Editore

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