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L’AMBIENTE

Un panorama dell'Altopiano di Asiago

Un panorama dell’Altopiano di Asiago

Ubicato nelle Prealpi Venete, tra i fiumi Astico e Brenta, l’Altopiano (definito da Gabriele D’Annunzio “la piccola Svizzera d’Italia”), è spesso descritto come una balconata sulla pianura veneta, anche se la sua forma è più quella di un enorme catino, col bordo a nord decisamente più sollevato, inciso a ovest e a est dalle due profonde fenditure della Val d’Assa e della Val Frenzela. Dal punto di vista geologico l’Altopiano è un esito locale del complessivo sollevamento delle Alpi avvenuto a partire dall’ultimo Mesozoico ma soprattutto nel Terziario, negli ultimi 65 milioni di anni: un sommovimento di cui si riscontrano varie tracce negli affioramenti di rocce e di fossili in molti luoghi dell’Altopiano. La sua quota media è di 1317 metri sul livello del mare, con la vasta area urbanizzata centrale posizionata ad un’altezza di mille metri, e l’orlo settentrionale, più selvaggio, che con Cima Dodici arriva fino a 2336 metri.

La sua superficie totale è di 560 kmq (466,68 quella amministrativa), e l’ambiente naturale è estremamente variegato, interessato da diversi fenomeni carsici che favoriscono il deflusso dell’acqua attraverso numerose cavità sotterranee (ne sono state esplorate oltre 3000) soprattutto verso le Grotte di Oliero, nella valle del Brenta: l’Altopiano è il il secondo massiccio carsico d’Europa, e Mario fu nel 1948 uno dei fondatori del Gruppo Grotte.

La popolazione complessiva si aggira ora sui 21mila abitanti, concentrati prevalentemente nei comuni centrali di Asiago, Roana e Gallio.

I LUOGHI DELLA NATURA

 

LA FLORA

Giglio Martagone (foto: Roberto Costa Ebech)

Giglio Martagone (foto: Roberto Costa Ebech)

L’Altopiano, seppure caratterizzato nella zona più bassa da interventi umani intensi e prolungati nel tempo, per circa la metà è ricoperto da boschi, per il 23% da prati-pascoli, per il 16% da pascoli e per l’11% da aree urbanizzate e improduttive, soprattutto rocce in alta quota. Il 96% delle superfici a bosco e a pascolo è di proprietà collettiva, ed è amministrato dai Comuni per conto delle comunità locali secondo un regime di usi civici che si richiama alle leggi dell’antica Spettabile Reggenza dei Sette Comuni, la Federazione che riunì i vari paesi dell’Altopiano tra il 1310 e il 1807.

Come ha scritto Mario Rigoni Stern “nel territorio dei Sette Comuni non esistono castelli di nobili, non esistono ville di Signori, né cattedrali di vescovi, per il semplice fatto che la terra è del popolo e i suoi frutti sono di tutti come ad uso antico”.

Campanelle (foto: Roberto Costa Ebech)

Campanelle (foto: Roberto Costa Ebech)

L’attuale copertura è l’esito del radicale disboscamento del Medioevo e delle distruzioni della Grande Guerra, con la sostituzione degli antichi boschi misti soprattutto con abetaie e faggete. Alle quote più elevate prevalgono il larice e il mugo, che convivono col rododendro, la genzianella, la primula rossa, la stella alpina e con svariate altre specie endemiche.

A questi temi e al pesante impatto della massiccia antropizzazione recente sui pascoli, i seminativi e le foreste altopianesi Mario Rigoni Stern dedicò una puntualissima lectio magistralis l’11 maggio 1998 all’Università di Padova, in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Scienze forestali e ambientali dall’Università di Padova.

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LA FAUNA

Camoscio

Camoscio

Stante la varietà degli habitat anche la fauna altopianese si presenta estremamente variegata. Accanto alle presenze “prevedibili” anche se sempre gradite, come la lepre, il capriolo, lo scoiattolo, la volpe, la donnola, il ghiro, la martora, la marmotta, va segnalata la presenza di “abitanti” più discreti e insieme “prestigiosi”, abituati alle alte quote, come l’aquila, il cervo, il muflone, il camoscio e i tetraonidi come il gallo cedrone (l’urogallo), il gallo forcello e la pernice bianca, con l’introduzione artificiale, in anni recenti, di specie estranee come il cinghiale, che crea danni alle colture (soprattutto nella zona di Rubbio), e col controverso ritorno dell’orso.

Fra gli endemismi dell’Altopiano si segnala la Salamandra atra aurorae Trevisan, scoperta nel 1982, che vive prevalentemente nei boschi e nelle valli a nord e a est della Val d’Assa.

Fra gli ambienti più particolari, invece, ci sono le torbiere presenti nella piana di Marcesina, con particolarità botaniche e faunistiche quali piante carnivore (la Drosera rotundifolia) e altamente velenose (come l’antichissima Andromeda Polifolia), ma anche una ricca fauna invertebrata e una notevole frequentazione di uccelli migratori di ambiente acquatico.

Mario Rigoni Stern era un profondo conoscitore della fauna locale, oltre che un appassionato cacciatore, anche se confessò ad Ennio Flaiano che sparava si e no venti fucilate all’anno, e che piangeva di commozione quando uccideva un urogallo; spiegando che il cacciatore uccide “per diventare lui ciò che era l’animale”.

 

L’ECONOMIA

Veduta di Asiago dai pascoli (foto: Roberto Costa Ebech).

Veduta di Asiago dai pascoli (foto: Roberto Costa Ebech).

La ricchezza e varietà del manto erboso ha favorito da sempre sull’Altopiano lo sviluppo della pastorizia e della zootecnia, con lo sfalcio dei prati per la produzione di foraggio ma anche con la transumanza stagionale di pecore e bovini. L’allevamento di bovini da latte per la produzione del celebre formaggio Asiago, nelle sue diverse stagionature, è diventato col tempo l’attività agricola largamente prevalente, integrata da un centinaio di malghe che costituiscono al tempo stesso anche un presidio per l’ambiente montano e un richiamo economicamente significativo per l’agriturismo. Quello delle malghe era un ambiente che a Rigoni Stern stava molto a cuore, e che ha descritto in molti libri: in “Uomini, boschi e api”, ad esempio, ha illustrato con grande precisione il lavoro dei malghesi, assieme alle attività ormai residuali dei pastori, dei cavatori di marmo, dei carbonai e dei boscaioli, dedicando però lo spazio maggiore all’amata apicoltura: solo in tarda età si separò dalle sue arnie, quando avvertì che le sue mani ormai incerte avrebbero potuto innervosire gli insetti, che lui trattava senza la protezione dei guanti.

Fra le produzioni più particolari del territorio ci sono anche il sedano di Rubbio e le patate di Rotzo (“Oggi sono andato a fare provviste di patate – scrive in “Sentieri sotto la neve” Mario Rigoni Stern – I campi al sole, gli orti davanti le case, il bosco che avanza e la montagna dietro le spalle; lindore, aria pulita, gente serena che poco chiede…”). Nel “Tonle” si racconta invece di come il protagonista, verso la fine dell’800, portò dall’Ungheria “una razza di patate che poi per tanti e tanti anni diede buoni raccolti e si diffuse tra le nostre montagne”.

Da tempo si sono sviluppate infine sull’Altopiano alcune attività di trasformazione, come caseifici, industrie alimentari (in particolare la “Rigoni confetture e miele”), segherie, per il marmo e il legno, distillerie. Ma la fonte di reddito preminente nei Sette Comuni da qualche decennio è legata al turismo.

 

IL TURISMO

Una partita di hockey stadio del ghiaccio di Asiago

Una partita di hockey stadio del ghiaccio di Asiago

Mountain bike sull'Altopiano di Asiago (foto: Roberto Costa Ebech).

Mountain bike sull’Altopiano di Asiago (foto: Roberto Costa Ebech).

Dopo le “spedizioni” del pioniere naturalista e alpinista irlandese John Ball, il turismo sull’Altopiano decollò davvero soprattutto tra fine ‘800 e inizio ‘900, prima con l’apertura della strada del Costo e quindi col varo della ferrovia (nel 1910); esso ebbe però un forte impulso tra le due guerre e poi specialmente negli anni del boom economico, tra il Sessanta e il Settanta. Attualmente il turismo conta in Altopiano su una struttura articolata soprattutto sulle seconde case e sugli alberghi, ma col tempo e a causa della crisi, esso ha visto via via abbreviarsi i periodi di permanenza, pur con un incremento delle presenze giornaliere. Particolarmente provata risulta l’attività invernale, a causa della diminuzione delle precipitazioni nevose e della forte concorrenza delle località trentine, beneficiate da maggiori finanziamenti.

Con le ciaspole sulle nevi dell'Altopiano (foto: Roberto Costa Ebech).

Con le ciaspole sulle nevi dell’Altopiano (foto: Roberto Costa Ebech).

 

Gara di sci nordico ad Asiago (foto: Roberto Costa Ebech).

Gara di sci nordico ad Asiago (foto: Roberto Costa Ebech).

La risposta alla crisi si è articolata, nel tempo, nella valorizzazione del patrimonio naturalistico e storico e in un’accentuazione dell’offerta sportiva, gastronomica e culturale. Allo sci alpino (che può disporre di 45 impianti di risalita con 80 km di piste) e allo sci da fondo molto amato da Rigoni Stern (7 centri e 500 km di piste, maggior comprensorio italiano), si aggiungono il salto con gli sci (trampolino a Gallio), l’hockey e il pattinaggio nello stadio del ghiaccio di Asiago (aperto tutto l’anno), nel Palaghiaccio di Roana (attivo in estate e in inverno) e nell’impianto di velocità a Busa Fonda di Gallio, e inoltre un’articolata offerta di percorsi per mountain-bike, escursioni a cavallo, trekking, camminata nordica e racchette da neve, piscine e Spa, campo da golf con 18 buche e aeroporto attrezzato per il volo a vela; non mancano poi numerose opportunità per gli amanti degli sport estremi, dal parapendio al deltaplano al bungee jumping.